Quali sono gli alimenti che rendono una dieta equilibrata e, soprattutto, in che quantità dobbiamo consumarli per massimizzarne i benefici per la salute? Oggi inizio una serie di tre articoli, nei quali cercherò di riassumere i principi fondamentali di una sana alimentazione, sia essa mediterranea, nordica, vegetariana o vegana.
Prima di entrare nel vivo, è utile chiarire cosa si intende con il termine “dieta” nel mondo scientifico. A differenza dell’uso popolare, non si tratta necessariamente di un regime restrittivo finalizzato alla perdita di peso. Anzi, il più delle volte si fa riferimento a un’alimentazione normocalorica, che fornisce esattamente l’energia necessaria per mantenere il peso corporeo stabile, senza far ingrassare né dimagrire.
Esistono naturalmente anche diete ipocaloriche e ipercaloriche, utilizzate rispettivamente per perdere o aumentare peso. Questi regimi devono sempre essere prescritti e monitorati da uno specialista, per garantirne la sicurezza e l’efficacia.
In questo articolo parlerò di diete intese come regimi alimentari normocalorici e non restrittivi.
Per una dieta bilanciata o ottimale si intende un’alimentazione che fornisce tutti i macro e micronutrienti necessari nelle giuste quantità e riduce al minimo i nutrienti e le sostanze dannose, per promuovere la salute e prevenire le malattie.
Nonostante le differenze culturali e alimentari, se confrontiamo le linee guida nutrizionali di diversi Paesi e società scientifiche, ci accorgeremo che presentano molte più somiglianze che differenze. Com’è possibile? La risposta è semplice: gli studi epidemiologici convergono su un principio fondamentale.
Qualsiasi regime alimentare, per preservare la salute e prevenire le malattie cronico-degenerative, deve basarsi su alimenti vegetali non processati. L’unica variabile è la percentuale di prodotti animali, che può variare dallo 0% al 20%. Per questo, tutte queste diete vengono definite plant-based.
Prima di iniziare a parlare di ogni specifica dieta, riporto qui sotto il famoso piatto di Harvard University, che aiuta ad avere una visione schematica di come dovrebbero essere strutturati tutti i pranzi e le cene in una dieta onnivora equilibrata. Per approfondirlo cliccate sul link sotto l’immagine.
Copyright © 2011 Harvard University, Per maggiori informazioni sul Piatto del Mangiar Sano, per favore consulta The Nutrition Source, Department of Nutrition, Harvard T.H. Chan School of Public Health, http://www.thenutritionsource.org e Harvard Health Publications, health.harvard.edu.”
È una delle diete più discusse a livello mondiale, grazie ai numerosi benefici per la salute rispetto alla cosiddetta Western diet, caratterizzata da un alto consumo di prodotti animali, cibi processati e zuccheri.
Ma in cosa consiste davvero la Dieta Mediterranea? È sufficiente vivere in Italia o in Grecia per seguirla? O basta mangiare ogni tanto in un ristorante italiano? Ovviamente no. Purtroppo, oggi l’aderenza a questa dieta è molto bassa, persino nei Paesi in cui è nata.
Partiamo dalla storia. Il concetto di Dieta Mediterranea fu introdotto dal famoso fisiologo statunitense Ancel Keys dopo i suoi studi sulla correlazione tra alimentazione e mortalità. Li denominò Seven Countries Study, perché coinvolsero 16 coorti (gruppi di persone nella stessa area geografica) in sette Paesi.
Keys e i suoi collaboratori scoprirono che i tassi di mortalità in Giappone, Grecia e Italia erano nettamente più bassi rispetto a quelli in Finlandia e negli USA, dove il rischio di malattie cardiovascolari era circa 20 volte più alto.
Analizzando le diete locali, emerse che in questi Paesi l’alimentazione era composta per l’85-95% da alimenti di origine vegetale, per lo più non processati.
È importante sottolineare che queste coorti erano situate in aree rurali e includevano in gran parte contadini, che seguivano questo modello alimentare spesso per necessità economica. Nei centri urbani e tra le classi più abbienti, invece, la dieta era già molto diversa e i tassi di mortalità più elevati.
Tra i principali investigatori insieme a Keys c’era Flaminio Fidanza, illustre ricercatore italiano, poi nominato Presidente Onorario dell’Istituto Nazionale della Dieta Mediterranea. Fidanza portò avanti la ricerca e pubblicò diversi studi di follow-up a distanza di anni. Insieme alla moglie, Adalberta Alberti-Fidanza, sviluppò uno score per valutare l’aderenza alla vera dieta mediterranea: il Mediterranean Adequacy Index (MAI).
Il Mediterranean Adequacy Index (MAI) si calcola come rapporto tra la somma della percentuale di energia fornita dagli alimenti tipicamente mediterranei e quella degli alimenti non tipicamente mediterranei.
Tra gli alimenti tipicamente mediterranei sono considerati: cereali, legumi, verdura, frutta, pesce, olio d’oliva, vino rosso.
Tra gli alimenti non tipicamente mediterranei: carne, latticini, uova, grassi animali, margarina, zucchero, dolci, bevande zuccherate.
Un MAI più alto indica una maggiore aderenza alla dieta mediterranea.
È interessante che nello stesso studio vengano riportate le quantità medie di diversi gruppi alimentari consumate a Nicotera, una delle località italiane, incluse nello studio, all’inizio dello studio negli anni ‘60. Le riporto qui sotto, sommando tutti gli alimenti animali e vegetali, e aggiungendo le quantità medie consumate dai contadini nella coorte di Creta, in Grecia, prese da un altro studio di follow-up.
Coorte | Prodotti Animali (g o ml/die) | Prodotti Vegetali (g/die) |
---|---|---|
Nicotera, Italia | ||
Uomini (20-59 anni) | 163 | 982 |
Donne (20-59 anni) | 119 | 734 |
Creta, Grecia | ||
Uomini, contadini | 91 | 1285 |
Prodotti Animali: carne, pesce, latte, formaggi, uova. Prodotti Vegetali: cereali, legumi, verdura, frutta (non sono inclusi grassi, vino e dolci).
Quindi, è abbastanza evidente che 90-160 g non potevano includere due porzioni di carne o pesce e due bicchieri di latte al giorno.
Lo stesso studio che ha seguito i contadini di Creta ha confrontato la loro dieta nel 1960 e nel 2005. È emerso che l’assoluta maggioranza non seguiva più la dieta mediterranea, con un conseguente aumento di diversi fattori di rischio cardiovascolare e non solo.
Che cosa è cambiato esattamente nella loro alimentazione? La quantità media giornaliera di alimenti animali è passata da 91 g a 218 g, con un notevole aumento di carne, pesce e formaggi, mentre la quantità di prodotti vegetali non raffinati è diminuita significativamente, passando da 1285 g a 752 g.
Oltre a questo, sono stati condotti moltissimi altri studi di follow-up. Uno degli ultimi ha esaminato la correlazione tra il MAI e la mortalità causata da eventi cardiovascolari dopo 50 anni. Tra i primi tre risultati si trovavano due località giapponesi e una a Corfù, in Grecia.
Per concludere, vi cito un’importante meta-analisi del 2018 che ha esaminato tutti gli studi prospettici di coorte pubblicati sulla dieta mediterranea fino a quel momento. Ha analizzato quali componenti della dieta mediterranea fossero associati positivamente con la mortalità per tutte le cause e quali, invece, avessero un’associazione negativa.
È emerso che un maggiore consumo di cereali, frutta e verdura era associato a un rischio ridotto, mentre un maggiore consumo di carne e latticini era correlato a un rischio aumentato.
Scoprite di più:
Benefici e alimenti chiave della Dieta Nordica
Alberti-Fidanza, A. and Fidanza, F., 2004. Mediterranean Adequacy Index of Italian diets. Public Health Nutrition, 7(7), pp.937–941. https://doi.org/10.1079/phn2004557.
Eleftheriou, D., Benetou, V., Trichopoulou, A., La Vecchia, C. and Bamia, C., 2018. Mediterranean diet and its components in relation to all-cause mortality: meta-analysis. British Journal of Nutrition, 120(10), pp.1081–1097. https://doi.org/10.1017/S0007114518002593.
Harvard T.H. Chan School of Public Health, 2011. Healthy Eating Plate. Available at: https://nutritionsource.hsph.harvard.edu/healthy-eating-plate/
Kromhout, D. et al., 2018. Comparative ecologic relationships of saturated fat, sucrose, food groups, and a Mediterranean food pattern score to 50-year coronary heart disease mortality rates among 16 cohorts of the Seven Countries Study. European Journal of Clinical Nutrition, 72(8), pp.1103–1110. https://doi.org/10.1038/s41430-018-0183-1.
Mancini, M., 2013. Remembering Prof. Flaminio Fidanza. Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases, 23(3), p.159. https://doi.org/10.1016/j.numecd.2013.02.001.
Russo, G.L. et al., 2021. The Mediterranean diet from past to future: Key concepts from the second “Ancel Keys” International Seminar. Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases, 31(3), pp.717–732. https://doi.org/10.1016/j.numecd.2020.12.020.
Vardavas, C.I., Linardakis, M.K., Hatzis, C.M., Saris, W.H.M. and Kafatos, A.G., 2010. Cardiovascular disease risk factors and dietary habits of farmers from Crete 45 years after the first description of the Mediterranean diet. European Journal of Cardiovascular Prevention & Rehabilitation, 17(4), pp.440–446. https://doi.org/10.1097/HJR.0b013e32833692ea.